Il mondo della fotografia vive di molte contrapposizioni fra appassionati ma anche fra professionisti: c’è chi preferisce il colore al bianco e nero, un marchio rispetto all’altro, la mirrorless o la reflex, ma gli animi si accendono veramente (più fra gli appassionati che fra i professionisti, a dire il vero…) quando si tocca il discorso della post produzione, per molti oggi sinonimo di “usare Photoshop”, sottintendendo con malcelata seccatura un comportamento scorretto, di chi gioca sporco.
La rivoluzione digitale è arrivata in modo dirompente nel mondo della fotografia, seminando scompiglio e disordine anche in molte certezze.
Fino alla pellicola esistevano due figure ben distinte per arrivare al risultato finale, quasi sempre una foto su carta: il fotografo e lo sviluppatore/stampatore, raramente incarnate dalla stessa persona. L’eccezione è solo il fotografo delle origini e poco oltre, più simile alla figura di un fotografo/chimico che provava in diversi modi a fare da sé, poi sono arrivate figure specializzate. Oggi quasi sempre chi scatta si occupa anche della post produzione, dovendosi spesso giustificare agli occhi dei “puristi dello scatto”.
Se stai leggendo questo articolo vuol dire che tu, come me, non hai pregiudizi sull’utilizzo di questo strumento che a mio avviso permette di esprimere maggiormente la propria visione artistica e di personalizzare ulteriormente